Ho capito che non si cambia veramente mai, non c’è modo di cambiare, come si è da piccoli si è tutta la vita, non è per cambiare che si ricomincia da capo.
Si ricomincia da capo per cambiare tavolo, disse.
Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco…

Tre volte all’alba, Alessandro Baricco

domenica 24 giugno 2012

FOTOGRAFIA


Una fotografia.
Sembrava una fotografia, il nostro amore.
Scattata quasi casualmente durante un temporale d’agosto. Ma la macchina fotografica doveva aver imbarcato acqua e aveva restituito un’immagine indefinita. Quella fotografia sfuocata di due amanti fradici sotto ad un ombrello rotto, fu la prima ad essere scaraventata dal ponte. Si librò verso il fiume con la delicatezza di un ricordo che svanisce.
Girai la prima pagina dell’album e scelsi un’altra vittima.
“Ti sto uccidendo, lentamente” pensai, mentre estraevo la foto dal suo sarcofago di plastica.
Il suo stupido cane aveva sbavato molti ricordi felici, ora sarebbe annegato. Accartocciai la foto e la scaraventai con foga verso l’acqua.
Ne scelsi un’altra ancora. Questa volta a volare fu quello stronzo di suo padre, che ebbe il coraggio di criticare l’anello di fidanzamento che avevo scelto. “Tutto qui?” mi disse, maledetto avaro.
Foto dopo foto, mi sentivo sempre più leggero, più libero dalla sua ossessiva presenza.
E nonostante questo una tensione si faceva strada nel mio petto. Per contrastarla strappai un’intera pagina e la gettai di sotto. Non vidi neppure quali ricordi avevo eliminato.
Non bastò, ne lacerai un’altra e mi sentii lacerato a mia volta.
Da qualche parte avrei trovato la foto in cui mi tradisce.
Perché non riuscivo a liberarmi di lei? Lei l’aveva fatto! Mi aveva cancellato dalla sua vita, quando aveva deciso di cancellare sé stessa.
Aveva preferito la morte a me. Perché? Perché mi aveva tradito così?
Chiusi l’album e sentii come uno schiaffo. Lo alzai sopra la testa con entrambe le mani e lo lanciai oltre la barriera metallica.
Toccò l’acqua con un doloroso tonfo. E sparì, com’era scomparsa lei.
Ora toccava a me, scomparire. Guardai un’ultima volta l’acqua e lasciai il ponte.

6 commenti:

  1. Non ne sono sicura, ma ho un vago ricordo di questo racconto, lo avevo già letto in passato, non è vero?
    Toccante come sempre, bravo

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  2. Si l'avevi già letto, faceva parte di uno dei tanti contest con varie limitazioni

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  3. Forse l'avevi anche vinto quel contest ;)

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  4. Da vecchio fotoamatore ho sempre preferito la fotografia in bianco e nero piuttosto che quella a colori. Quest’ultima la osservi, la ammiri pure ma la prima ha una magia in più: devi immaginarla.
    Questo racconto ha la stessa magia di una foto in bianconero.

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  5. Grazie Tullio, il tuo commento mi lusinga.

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  6. Ah Rob, se non ricordo male ero arrivato secondo :)

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