Ho capito che non si cambia veramente mai, non c’è modo di cambiare, come si è da piccoli si è tutta la vita, non è per cambiare che si ricomincia da capo.
Si ricomincia da capo per cambiare tavolo, disse.
Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco…

Tre volte all’alba, Alessandro Baricco

martedì 26 giugno 2012

PRIMA O POI

“Ti ho cercato tutta la notte, dove sei stata?” chiedo piano.
È seduta per terra con la schiena contro il muretto, le gambe lunghe sull’erba. Tra le dita stringe una bottiglia di birra ancora mezza piena. Al suo fianco ce ne sono altre tre vuote.
Ha il viso stravolto e gonfio, un livido violaceo sulla guancia, del sangue raggrumato al lato della bocca, un taglio sul labbro inferiore.
“In giro” risponde tenendo gli occhi chiusi. “Una bella nottata, saresti dovuto venire con me”
“E’ stato tuo padre?”
“Ho sbattuto contro un armadio” risponde serenamente.
“Un armadio con un pugno d’acciaio?”
Ridacchia. “Si più o meno”
“Aveva bevuto?” chiedo tra i denti.
“Gli armadi non bevono”
Mi lascio andare ad un lungo ed esasperato sospiro.
“Che fai qui?” siedo al suo fianco. Faccio piano quasi per non farmi sentire. È stupido forse, ma ho paura di spaventarla.
Chissà perché ha più paura di me che di quella bestia di suo padre.
“Mi riscaldo”
“Hai freddo?” domando in silenzio, lei non apre gli occhi, ma continua a tenere il viso rivolto verso il sole. “Ti ho portato un maglioncino” le porgo la maglietta che ho preso dal cassetto quando l’ho vista correre via, come una furia, lontano da casa. L’ho inseguita, ma voltato l’angolo, lei non c’era più: Dio solo conosce i nascondigli di questa ragazza.
Prende il maglioncino tra le mani e lo poggia sulle ginocchia nude.
“Ti ringrazio, ma ho solo bisogno di scaldarmi”
“Ti devi abbronzare?” insisto cercando di farla sorridere. Sorridere davvero. Vorrei non dover vedere più sorrisi amari sul suo volto.
“E’ più di un’abbronzatura” mi risponde paziente “sto cercando di scaldarmi”.
Rimango per un attimo in silenzio. “Mi dispiace” riesco a dire infine.
“Non puoi farci niente” risponde un po’ dura. “Lui non lo fa di proposito. È molto solo” sospira e per un attimo spero che continui a parlare che mi dica qualcosa, qualunque cosa.
Io rimango deluso e lei in silenzio.
“Ti porterà via l’anima prima o poi” le dico scuotendo la testa contrariato e sempre più furioso.
“Prima o poi le cose si sistemeranno”
“Quando?” incalzo
“Prima o poi, ho detto”
Annuisco piano.
“Scusami” sbotta all’improvviso “ho bisogno di stare da sola”
“Vieni a stare a casa con noi” dico ignorandola. Io non la lascerò mai da sola.
“Lui ha bisogno di me, io non me ne vado, prima o poi guarirà” è sicura di questo, ne è certa. E io lo trovo pazzesco.
“Una clinica potrebbe guarirlo”
Io posso guarirlo” per la prima volta da quando sono qui si volta a guardarmi. È uno sguardo duro e mi da i brividi “lui mi ama, ma pensa di amare molto di più la sua bottiglia” fa una pausa e respira profondamente come per prendere coraggio “deve solo capire che ama più me di lei”
“Andiamo via di qui, ti offro un gelato” azzardo offrendole la mia mano. La guarda e torna a poggiare la testa al muretto, chiudendo gli occhi.
Siamo amici da una vita, eppure più passano gli anni, più lei si chiude nella sua corazza e mi allontana, mettendomi fuori dal suo mondo.
“Quando vengo qui e cerco di scaldarmi è perché a casa fa freddo, un freddo polare che mi prende fino alle ossa” spiga parlando lentamente, “invece qui c’è il sole e ci sono io. Nulla può andare storto” porta la bottiglia alle labbra, prende una lunga sorsata, poi, una volta svuotata, la affianca ordinatamente alle altre tre.

La guardo preoccupato, ma non dico nulla. “Non temere, non diventerò come lui” promette con tono piatto.
Non rispondo.
“Vedrai, un giorno papà sarà abbastanza sobrio da accettare di venire qui con me, e allora chiuderà gli occhi e andrà tutto bene”
Scoppio a ridere, ma lei non sembra risentita.
“Io vedo le cose da un diverso punto di vista. La vita così mi sembra più semplice e le botte fanno meno male” assicura. “Tu ora, forse, senti solo il vociare dei bambini o le macchine per strada, ma non c’è solo quello, io chiudo gli occhi e immagino il mare, il rumore delle onde e lascio che il sole mi scaldi… e un giorno mio padre verrà qui con me da sobrio e vedrà le cose da un altro punto di vista”
Casualmente trovo la sua mano e la stringo, rimango in silenzio al suo fianco finché non tramonta il sole.

4 commenti:

  1. Una narrazione pulita e convincente, uno spaccato di due personaggi ben delineati. Risultato commovente.
    Anzi devo dire che il fatto che il fatto che il punto di vista interno sia del personaggio meno delineato permette al lettore di immedesimarsi più facilmente e quindi di sentire meglio le emozioni del racconto.
    Brava Rob!

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  2. Hai un tuo stile personale che, unito alla tua giovane età, mi fa prevedere ottimi risvolti futuri (premunisciti con gli scongiuri del caso). La tua abilità non si limita a scrivere, trasmette emozione.

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  3. Vi ringrazio tanto, però ammettete che le cose belle che mi dite (da sempre) sono anche un pò dettate dall'affetto :P

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    1. Proprio perché c’è affetto (e stima) non potrei esprimere pareri “Addolciti”: ti farei solo del male.

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